Come reagireste se il pilota del vostro aereo intercontinentale annuncia un “atterraggio di emergenza“? Questo è il nostro racconto, un’esperienza che nessuno dovrebbe mai fare, ma che ci ha fatto riflettere tantissimo.
Sono circa le 4:05 del mattino del 16 febbraio 2018 quando il primo ufficiale del nostro volo #AA206 partito da Miami 6 ore prima, fa l’annuncio che nessuno vorrebbe mai sentire quando vola.
L’annuncio è calmo e ben scandito, ma la prima parola usata gela il sangue. Il capitano usa la parola “unfortunatelly” e da lì in poi si spalancano centinaia di brutti pensieri. In tono chiaro e sintetico il capitano dice: “Sfortunatamente abbiamo avuto un problema meccanico al motore e stiamo per effettuare un atterraggio di emergenza, abbiamo 30 minuti per atterrare”.
A quel punto chi capisce l’inglese si sveglia dal dormiveglia e inizia a mettersi le scarpe, avvisando chi non ha capito e svegliando chi sta ancora dormendo. Non è ben chiaro il motivo, ma nello stesso momento, hostess e stewards fanno lo stesso, si aiutano a vicenda. Poi fanno il raduno dei passeggeri seduti nelle file con le aperture d’emergenza e impartiscono istruzioni precise. Siamo tutti pronti allo sbarco. Come se dovessimo scendere da un momento all’altro, ma non sappiamo bene cosa ci aspetta. Il nostro è un atterraggio d’emergenza per un guasto all’aereo. Una delle cose che non dovrebbe mai succedere e che non auguriamo di vivere a nessuno.
In quel momento ci passano davanti alcuni fotogrammi di film visti in tv.. SULLY su tutti. Speriamo di avere Tom Hanks in cabina di pilotaggio, invece abbiamo il nostro capitano, un anziano signore che composto e calmo impartisce pochi, ma chiari ordini a tutti.
Ma dove siamo?
Stiamo ancora sorvolando l’Atlantico. Il monitor che segna il tracciato della rotta è stato spento da tempo. Ci troviamo a quasi 5 ore da Milano Malpensa, dove saremmo dovuti atterrare alle 8:50 della mattina. Sotto di noi c’è solo acqua. Il buio, profondo e freddo oceano.
La gente inizia ad alzarsi e a indossare sciarpe, cappelli e giubbotti. Come se stessimo scendendo regolarmente dall’aereo. Noi siamo lì. Ferme. Sedute ai posti 39A e 39B. Due posti che in futuro non prenoteremo mai più. Mettiamo in tasca solo tre cose: soldi, cellulare e passaporto. Il giubbotto? No non lo prendiamo. Se sarà necessario un ammaraggio, nel migliore dei casi, la giacca si impregnerebbe d’acqua e diventerebbe talmente pesante da non permettere nessun movimento. Figuriamoci nuotare nelle gelide e nere acque dell’Atlantico. I pensieri scorrono veloci, i minuti sembrano ore!
Il momento peggiore stava per arrivare
Sì l’abbiamo pensato. Abbiamo avuto abbastanza tempo per pensare. Qualcuno dice: “se capita non te ne accorgi nemmeno”. Ebbene, ora per esperienza, sappiamo che NON è vero. Non solo ce ne siamo accorte, ma abbiamo avuto tutto il tempo per realizzare il peggio nelle nostre menti.
Da quel momento, viviamo i minuti più brutti delle nostre vite. L’equipaggio invita a non alzarsi, non utilizzare i bagni, non prendere nulla dalle cappelliere. Bisogna spegnere tutti i devices. Chiudere i tavolini e mettere seggiolini in posizione verticale.
Arriva il secondo annuncio del comandante che dice di aver trovato un posto per atterrare. Un sospiro di sollievo, almeno non finiremo in acqua! L’ultimo annuncio del capitano è ben scandito. “We land in a little Island of Azores… In about, 12 minutes” seguito da “We know what we are doing” trad. – “Atterriamo in una piccola isola delle Azzorre…. Tra circa 12 minuti” seguito da “Sappiamo quello che stiamo facendo”.
Tutti i passeggeri, compresi i neonati sono in silenzio. Ci guardiamo intorno, vediamo le nostre facce. Ma nessuna scena di panico. Ad alcuni piangono, ma non emettono alcun suono. Altri sudano. Un signore si è addormentato subito dopo l’annuncio. Ognuno di noi ha il suo modo di reagire allo stress. Noi siamo agghiacciate. E’ inconcepibile. Non può succedere a noi. Pensare che dovevamo essere alle Maldive, e non ci siamo andate a causa del colpo di Stato a Malè. Abbiamo scelto Miami perché era perfetto andarci a FEBBRAIO… Non può succedere davvero.
In quel momento il terrore ci pervade. Sensazioni indescrivibili, paura mista a speranza. Ci concentriamo sull’unica notizia buona: abbiamo trovato un posto dove atterrare. Ci prepariamo con calma all’impatto senza sapere dove atterrerà il nostro 767. Speriamo solo sia una pista vera, un aeroporto, con le luci e tutto il resto.
Dal finestrino si vede solo il faro intermittente sulle ali
Il capo delle hostess dalla Prima Classe fa un annuncio che non dimenticheremo mai. “Per la vostra sicurezza, reggetevi forte e domani potrete raccontare un’avventura meravigliosa”.
Il momento dell’impatto è una frenata impressionante. Scintille fuori dal finestrino. Restiamo con la faccia attaccata al sedile davanti per diversi secondi. Ma ce l’abbiamo fatta. Stiamo tutti bene e ci troviamo a Terceira in un piccolo aeroporto turistico che collega l’isola alle altre isole delle Azzorre.
Una pista cortissima che ha costretto il pilota ad effettuare una manovra sicuramente poco consueta su un 767. L’esperienza del nostro “Sully” è stata fondamentale. Durante lo sbarco ci rivelerà la frenata così brusca si è sentita per problemi meccanici i freni.
Siamo atterrati. 323 persone illese.
Arrivano i mezzi di soccorso, i pompieri. Restiamo seduti in aereo quasi un’ora prima di poter sbarcare in sicurezza. Sigillano i motori e subito dopo arrivano le autorizzazioni che ci consentono di scendere. Durante l’attesa, la hostess con più esperienza della Business Class, offre a tutti del vino e regala porzioni di frutta fresca e yogurt. Praticamente è iniziata una festa.
Noi non vediamo l’ora di scendere. Lo facciamo in modo calmo e composto. Ci aspettano 4 bus. Sono le 5:26 a.m. stiamo tutti bene e ci sentiamo dei miracolati.
Procediamo al controllo passaporti e alle 8 siamo invitati a fare colazione al secondo piano del piccolo hangar dell’aeroporto. Siamo finalmente liberi di fare quel che vogliamo. Possiamo anche uscire dall’aeroporto e questa è un’ottima occasione per esplorare il territorio.
Non perdiamo tempo. Avvisiamo le nostre famiglie – siamo un po’ in ritardo, ma torneremo. Non pensiamo più a nulla. Noleggiamo una piccola auto e per qualche ora esploriamo Lajes, la città dove ci troviamo. Ci sentiamo un po’ come i protagonisti di LOST.
Il paesaggio è stupendo, il verde brillante dei campi e il mare scuro offrono un impatto cromatico così particolare. Non ci sono spiagge ma solo scogli scuri, di materia lavica. Rientriamo in aeroporto verso l’una del pomeriggio come da istruzioni. Stiamo aspettando un altro aereo che ci venga a prendere. L’odissea è quasi giunta alla fine.
La fine della storia
Una giornata lunga una settimana. I ricordi di Miami e di Key West sono ormai lontani. Ma abbiamo migliaia di foto e video da vedere e montare che certamente mi faranno ricordare il tempo passato laggiù. Alle 9:30 p.m. ci imbarcano sul nuovo aereo modello 767-300 arrivato appositamente da NY, con destinazione finale Milano.
Il volo è tranquillo e si va via senza problemi. Il monitor segna ancora la rotta. L’equipaggio del nostro aereo è di riposo e si siede tra noi. Il nuovo equipaggio arrivato da NY ci serve la cena, il menù è lo stesso del volo maledetto, anche i nostri posti sono gli stessi. Siamo sempre al 39A e 39B.
Dopo cena non dorme nessuno. Parliamo tra di noi, ci raccontiamo le nostre vacanze, pensiamo già alle prossime e a quanto siamo stati fortunati, sembriamo tutti felici e amici da sempre.
Arriviamo in Italia alle 2:20 a.m. distrutti, dopo 35 ore senza sonno, con oltre 20 ore di ritardo accumulato. Il sollievo nel toccare terra è praticamente impalpabile, siamo tutti stanchi. Ci rendiamo finalmente conto che la nostra avventura è finita, siamo a casa, al sicuro e con una nuova etichetta da scrivere nella bio di Instagram: ELS – Emergency Landing Survivor.
Curiosità: abbiamo twittato per prime e il nostro twitt è stato ripreso da Airportwebcams
UPDATE: American Boeing 767-300ER N349AN has positioned to Lajes, Azores as relief for N397AN which diverted in at 0500UTC today with multiple system failures while #AA206 Miami-Milan: https://t.co/AmMicgxpKY | Image via passenger on board @moiranazzari pic.twitter.com/k3fxbZsYT6— Airport Webcams (@AirportWebcams) February 16, 2018







Risarcimento: American Airlines ci ha risarcito con 30.000 miglia da utilizzare esclusivamente con aerei AA.
Che ansia leggendo questo racconto, non oso immaginare come abbiate vissuto quegli attimi. Decisamente la frase che nessuno a bordo di un aereo vorrebbe sentirsi dire! Ammiro il vostro sangue freddo e il fatto che siate anche riusciti ad affittare un’auto dopo tutto lo stress accumulato!
E’ stata un’esperienza che non auguriamo a nessuno, ma che alla fine ci ha cambiato. Adesso affrontiamo le avversità in maniera più easy o almeno ci proviamo!! 🙂
Esperienza stupenda, non sarei mai andata di proposito alle Azzorre, invece mi ricordava la Calabria di 50 anni fa, gente cordiale, poco turismo, un posto da visitare con calma, unica nota negativa all’arrivo, niente treni, niente pullman, chi voleva poteva alloggiare in albergo, ma io avevo una gran voglia di tornare a casa e ho speso una follia di taxi, non rimborsato da Malpensa a Milano due quasi 200 euro
Avete vissuto davvero una brutta avventura, per fortuna è finita bene 🙂
sì sì .. per carità. In ogni caso abbiamo fatto tesoro di questa avventura e subito dopo abbiamo aperto questo blog..
Ciao ragazze, mi avete fatto venire la pelle d’oca e le lacrime negli occhi. Caspita vivere in prima persona mi immagino che sia stato davvero terribile. Sono quelle esperienze che ci fanno capire quanto è importante la vita e che a volte non ci rendiamo conto. Però sono contenta che c’è stato il happy end.
Mi piace molto il vostro modo di raccontare, mi sembrava di essere li con voi.
Ti ringraziamo infinitamente!! Continua a seguire il blog!! 🙂
Solo un commento tecnico da pilota: attivare gli inversori di spinta dopo il touch down è prassi normale per tutti i voli, in tutti gli aeroporti, anche quelli con piste “lunghe”.
grazie della precisazione … 🙂